Celestron C8

Celestron C8


Dopo un paio di anni passati ad utilizzare (poco per via degli ingombri e del peso) il vecchio newton 200/1000 su eq5 decisi che era il momento di fare un sacrificio e prendere un tubo ottico diverso.
Era il 2003 e di montature economiche con capacità di carico adeguata per sostenere il mio newton in assetto fotografico (con reflex, tele guida con supporto, ecc.) non se ne parlava, le eq6 avevano diversi problemini, a differenza dei nuovi modelli skyscan che pare finalmente abbiano un buon rapporto prezzo/prestazioni.
Non avevo intenzione di prendere una Losmandy G11 perchè completamente fuori dal budget, e così decisi di prendere un tubo ottico più compatto ma comunque di buona potenza.
La scelta alla fine ricadde sul celestron c8. I mak di apertura simile costavano molto di più ed erano più pesanti, inoltre il tipo di schema ottico e il rapporto focale non consentivano di avventurarsi nella fotografia deep sky.
E C8 fu…

Il C8 in generale
Lo schema ottico Schimdt Cassegrain è probabilmente il più diffuso del mondo tra gli astrofili hobbisti, anche se ora la “moda” attuale si sta spostando verso altri tipi di schema ottico. Non esiste attualmente un tubo ottico pesante circa 4,5 kg e lungo più o meno 45 cm che fornisca 2 metri di focale e 20 cm di apertura di costo similare. Gli RC costano di più, i mak pure.
La storia del C8 parte da non molto lontano, il suo schema ottico è relativamente nuovo nella storia dell’ottica. A metà degli anni 50 del secolo scorso due ottici della Valor Electronics costruirono i primi modelli. Si trattava di Tom Johnson e Alan Hale. Dopo una decina di anni ed alcuni perfezionamenti si giunse a produrlo. 20 cm di apertura non sono mai stati così portatil! La società costruttrice cambiò nome in Celestronics, poi in Celestron Pacific ed infine, come la conosciamo noi ora, Celestron International. Da pochi anni è stata acquisita dalla Syntha (Cina). Altre società si sono cimentate nella produzione di questo tipo di telescopio, ma ai giorni nostri l’unica vera antagonista di grandi dimensioni è la Meade (americana come la Celestron). Per la verità attualmente la Meade sta spingendo su una variante dello schema ottico Sc, ovvero “Rc modificato”, con una bella dose di opportunismo commerciale a mio parere.
Gli Schmidt Cassegrain commerciali classici come il C8 o il C11 prevedono un primario aperto a f2 ed un secondario (che amplifica a 5x) entrambi sferici, per un rapporto focale abbastanza universale di f10.Il secondario è alloggiato sulla lastra corretrice (niente spider), che ha un potere convergente verso il centro e divergente verso i bordi. La lastra in pratica serve a correggere le aberrazioni ottiche residue.


Ha avuto molto successo e gode di buona fama il C9.25 che in pratica prevede una piccola variante nello schema ottico. Il primario ha un rapporto focale leggermente diverso, pari a f2,5. Infatti il tubo è più lungo di un classico 8 pollici ed anche più pesante (quasi il doppio) ma le prestazioni ottiche sono superiori. I modelli Celestron hanno una ostruzione centrale piuttosto elevata, pari al 34% del diametro. Per quelli Meade invece si parla di una volore un pò più alto, pari al 37%. Per un periodo sono stati commercializzati dalla Meade stessa modelli aperti a f6.3, con conseguente ostruzione centrale enorme, 43%. Sono tuttavia modelli che erano dedicati all’astrofotografia del cielo profondo.
E’ possibile ridurre la focale di un sc dal classico rapporto f10 a f6,3. Il riduttore della Celestron e quello Meade hanno prestazioni sostanzialmente identiche. Purtroppo l’utilizzo di questi accessori introduce vignettatura sul formato aps e aps-c (pellicola 35 mm e reflex digitali). Addirittura la Meade commercializza un riduttore f3.3 da usare per applicazioni ccd, visto il ridotto campo corretto.
Negli anni sono stati prodotti molti modelli diversi. Negli anni 80 del secolo scorso la Celestron ha introdotto il trattamento Starbright che migliora la luminosità dello strumento, idem la Meade col suo EMC. Pochi anni fa entrambe le case hanno introdotto dei nuovi trattamenti delle ottiche promettendo ulteriori miglioramenti sul fronte della luminosità della lastra, avvalorata anche dalle esperienze di molti astrofili. Si tratta del trattamento XLT per Celestron e UHTC per Meade (poi esteso anche sui modelli Mak-Cas e SN).

Cosa va
Le dimensioni molto ridotte e il peso quasi piuma consentono di utilizzarlo su montature leggere. E’ uno strumento universale (ma questo costituisce anche un limite: va bene un pò per tutto ma non eccelle in nulla). La qualità ottica media è più che decorosa, esistono centinaia di accessori per questo tipo di telescopio e virtualmente è possibile quindi farci davvero di tutto. Regge molto bene la collimazione, al contrario dei newton molto aperti. Parliamoci chiaro, torno a ripeterlo, per il prezzo di acquisto e il rapporto prestazioni/ingombro è insuperabile.

Cosa non va
Col passare degli anni ho apprezzato questo tubo, ma purtroppo ho dovuto subirne i (tanti) difetti. E’ pur sempre un progetto ottico frutto di un compromesso, prestazioni/ingombro.
La prima cosa che salta all’occhio è che se la serata è umida la lastra si appanna con facilità. Occorre un paraluce con magari delle resistenze, oppure come me il phon pronto. Certo non succederà come in un tubo aperto che si verifichi turbolenza interna ed il primario non è esposto agli agenti atmosferici. Per contro d’inverno i tempi di acclimatamento sono maledettamente lunghi e può essere necessaria oltre un’ora.
E’ dannatamente sensibile al cattivo seeing, d’altronde se l’immagine fa schifo per la turbolenza elevata in un sc, di certo sarà pessima anche in un mak o in un newton. Il seeing medio italiano raramente permette di sfruttare una apertura del genere al 100%. Per questo motivo ho preso un paio di rifrattori…
La messa a fuoco prevede lo spostamento del primario.


Questo è per me il peggior guaio del C8 (mirror flop). Mi risulta che la Meade per i suoi nuovi modelli abbia saggiamente introdotto un blocco dello specchio. In pratica è impossibile fotografare con un sc senza guida fuori asse (ma io mi ci sono trovato malissimo) o con una camera ccd con doppio sensore. Infatti durante le pose il primario subisce uno spostamento, anche minimo, che causerà inevitabilmente un mosso. Senza contare il mirror shift: ad alti ingrandimenti fuocheggiando lo specchio si sposta e produce anche uno spostamento dell’immagine. Dipende dagli esemplari (anche il mio etx ne è afflitto), nel mio all’inizio era tollerabile, ma nel corso degli anni è aumentato. Per le riprese sono costretto ad utilizzare un fuocheggiatore esterno.
La focale di base è lunga, molto lunga, troppo lunga per fotografia deep sky. Avere una lunga focale è senz’altro comodo per le riprese in alta risoluzione di luna e pianeti, ma è una piaga per il profondo cielo. Se in visuale possiamo supplire con oculari da 30-40mm e più su barilotto da 2 pollici (avendo un rapporto f10 tra l’altro il c8 non è schizzinoso riguardo la qualità degli oculari impiegati) in riprese deep sky è un bel casino. Anche col riduttore a f6,3 bisogna domare ben 1.280 mm ed è quasi impensabile utilizzare un tele in parallelo utilizzando una reflex digitale, o peggio una ccd (come le mie infruttuose prove mi hanno dimostrato). Fra l’altro è anche sconsigliabile guidare un telescopio a specchi con un altro telescopio sempre a specchi per via delle flessioni interne.


Considerazioni finali
Certamente un newton da 20 cm di buona fattura costa meno di un tubo sc, ma la montatura adatta a sorreggerlo vanifica questo aspetto, anzi toccherà spendere molto di più alla fine. Se lo scopo principale è l’osservazione visuale (e le dimensioni non spaventano) consiglio un bel dobson da 25-30 cm nella stessa fascia di prezzo del solo tubo sc 200 mm. Se invece la passione è rivolta a pianeti, luna e stelle doppie meglio un rifrattore acromatico (ma di decente qualità, e anche qua la montatura incide per via del tubo lungo). Per l’astrofotografia a lunga esposizione trovo preferibile, almeno all’inizio, un piccolo rifrattore di buona qualità.
Ma alla fine se volete uno strumento compatto e facilmente trasportabile e non si hanno preferenze particolari un ottimo strumento generico è proprio un sc. Ma tenendo bene a mente i difetti intinseci allo schema ottico.